Google? L'utile ebreo. Considerazioni su libertà, sicurezza e fisco nel mondo globale

Digital New Deal

Una volta i russi per uscire dall’URSS dovevano ottenere un visto d’uscita, prima di potere poi chiedere un visto per entrare nel paese che volevano visitare.
Si chiamava cortina di ferro, muro di Berlino, guerra fredda…

La normativa fiscale di tutti i paesi ricchi e con elevata pressione fiscale ha da tempo eretto un muro di Berlino fiscale per impedire alle aziende di viaggiare. Un muro che é diventato sempre più alto e che ora si vuole con determinazione rendere insuperabile:

– elevata tassazione delle cessioni d’azienda all’estero
– altrettanta elevata tassazione del trasferimento della sede all’estero
– elevata tassazione delle fusioni internazionali (ma non infra UE)
– rigide regole sul transfer pricing (con molte presunzioni talora pretestuose)
– e, solo in Italia, una serie di presunzioni assolute e relative, per cui oramai anche l’operatività intercompany é diventata una lotteria fiscale in cui non si vince nulla, ma si perde tanto.

Vedo una curiosa simmetria storica: durante la guerra fredda i regimi comunisti dovevano obbligare i cittadini a rimanere nella terra promessa della giustizia sociale, sennò sarebbero scappati. Oggi i regimi democratici debbono obbligare le aziende a non scappare dalla libertà e dal capitalismo.
E si comincia a leggere che, ad esempio in Giappone, i percettori di assistenza sociale divengono destinatari di norme che vietano loro di entrare in postriboli e case di gioco, senza che nessuno si ponga il problema che in tal modo si crea un nesso fra libertà personale e soldi che va contro ogni principio costituzionale e fa carta straccia dei diritti civili. Per cui, in sostanza, nasce (di nuovo!) un trade-off fra stato sociale e libertà individuale.

Chiunque ha studiato storia al liceo, non può fare a meno di notare che questa era la teoria sociale dei fascisti e dei nazisti: in cambio di un poco più di sicurezza, occorre rinunciare ad un poco di libertà. Sappiamo come è andata a finire. Fatemi dire che sono scandalizzato e preoccupato, perché nessuno è più capace di indignarsi e si considera questo andazzo normale e giusto.

Invece io ho la sensazione che oggi l’evasione fiscale abbia assunto il ruolo del capro espiatorio alla stessa stregua degli ebrei, degli omosessuali, dei comunisti e degli zingari negli anni trenta, durante la grande depressione. Provate a chiederlo a quei pochi che ancora ricordano quei tempi!
A me lo raccontava mia nonna, tedesca. Le chiesi quando avevo 14 anni, circa quaranta anni fa, quando mi ha portato a Buchewald: “Perché questo odio dei tedeschi contro gli ebrei? Come può essere che venissero sterminati e voi non avete fatto nulla?”.
“Guarda Riccardo che sui giornali abbiamo letto e al cinema abbiamo visto tante di quelle storie di ebrei usurai, di ebrei ricchi che vessavano noi ariani, che veramente era difficile dopo dieci anni di quella propaganda immaginare che ci fosse una ragione diversa dal complotto giudaico massone per i problemi della Germania. A noi dicevano che gli ebrei venivano spediti in Polonia, non per essere sterminati, ma per consentire loro di vivere segregati. In pratica noi credevamo a una soluzione finale come l’Apartheid del Sud Africa. Per questo prima li abbiamo identificati e schedati, poi abbiamo impedito loro di nascondersi fra noi (la stella gialla di Davide sulle giacche). E alla fine li abbiamo messi sui treni per andare in Polonia”.
Analogamente a 80 anni fa, noi da 10 anni leggiamo storie di persone luride che nascondono i soldi nei materassi e girano in Ferrari, come se l’evasore tipico fosse quello. Mi chiedo: su 100.000 accertamenti fiscali, quanti sono quelli che vengono fatti per la mancanza di un timbro su una ricevuta e quanti per sanzionare una persona che ha sistematicamente evaso il fisco? Quanto si recupera dagli evasori totali e quanto dai cittadini comuni?
E negli anni trenta, quanti cittadini in Europa hanno perso del tutto la libertà, per acchiappare quanti zingari, comunisti, omosessuali ed ebrei ?

Oggi l’evasore totale (e, analogamente, il “grande” evasore) ha la funzione di giustificare un sistema fiscale repressivo e iniquo e di farci dimenticare che oramai siamo prigionieri di un sistema che non ci farà più uscire dal suo muro di contenimento. Se un lavoratore di 50 anni (come me) si trasferisce all’estero perde la pensione per sempre. Non esiste un visto di uscita da questo sistema previdenziale e contributivo: o, meglio, posso andarmene se riesco ad iscrivermi all’AIRE e se sono disposto a perdere tutti i miei risparmi (forzati!) versati nelle casse previdenziali obbligatorie. I russi potevano scappare dall’URSS, noi (a partire da una certa età contributiva) non più, perché non potremmo trovare mai più un lavoro che possa compensare per tutto quello che perdiamo andando via.

Oggi si ritiene ovvio che una persona che non paga le tasse vada perseguita con ogni mezzo (non ancora la tortura e il confino, ma qualche contribuente che si é suicidato c’é stato già). Oggi si ritiene efficace utile ed accettabile sia il contribuente che deve dimostrare la propria fedeltà fiscale (in piena violazione del principio di presunzione di non colpevolezza sancito dalla costituzione di tutti i paesi liberi, e in Italia dall’articolo 27 della Costituzione): una prova quasi impossibile da quando sono entrate in vigore le norme sull’abuso del diritto (fiscale). In effetti c’è sempre un modo per fare un’operazione economica e pagare ancora più tasse! Dunque contribuente è sempre colpevole, per cui lo si induce a comprarsi le indulgenze fiscali (condoni), che sono l’equivalente della tessera del partito fascista di 80 anni fa. Sempre 80 anni fa furono introdotte presunzioni di colpevolezza persino nel codice penale, espressamente vietate dalla Costituzione della Repubblica Italiana. La deroga al principio costituzionale di presunzione di innocenza si giustifica moralmente con l’imperativo categorico di trovare una “Wunderwaffe” contro gli evasori totali e i grandi evasori. Ma se in Cina ci sono norme analoghe, ci indignamo. Perché la Cina non ha legittimazione democratica che ha il nostro stato! Davvero?
Il contribuente oggi è suddito, prigioniero del muro di Berlino fiscale e ora (finalmente!) il fisco può guardare dentro i conti correnti di tutti per fare le sue valutazioni e conclusioni (Gerico, Redditometro, e compagnia cantando). Poi sta a noi trovare le prove che queste presunzioni sono errate!
Lasciatemelo dire che eravamo molto più liberi sotto Mussolini, rispetto ad oggi. I portieri ed i guardiani condominiali del ventennio fascista hanno qualcosa di serenamente bucolico, al paragone dell’attuale mostro giuridico-tecnologico che traccia ogni nostra spesa, che ci impone passaporti digitali e presto anche una identitá digitale! Trasformandoci così in sudditi colpevoli, fino a prova contraria, prigionieri da un sistema dal quale é impossibile evadere (a differenza dell’URSS e della Germania nazista)! Non sono sicuro che in Cina vi sia un controllo altrettanto capillare sui cittadini. E, se vi fosse, non vedo perchè il nostro sarebbe “buono” e il loro “cattivo”. Entrambi i sistemi lottano contro i nemici dello stato.
Come non vedere che questo sistema genera evasione fiscale anche dove non ce n’é ?
Prendiamo i casi di Google, Apple, che tanto scandalizzano noi europei ed altre società non europee che da noi pagano poche tasse.
Dove viene generato il valore aggiunto (reddito) di Google? E di Apple? Da noi, negli Apple stores?
Siamo sicuri? Io no, non ne sono persuaso.
Penso che il valore aggiunto sia generato nella loro sede sociale, dove viene inventata la tecnologia, il modello di business e il design che ha reso tali società un patrimonio insostituibile dell’umanità. Per cui è uno scandalo che non paghino le tasse negli USA, mentre è normale che non paghino (molte) tasse da noi in Europa.
Facciamo la prova al contrario.
Prendiamo la Volkswagen (una società tedesca): dove viene creato il valore aggiunto delle auto Volkswagen? Nella fabbrica dagli operai (che fanno un lavoro che si potrebbe fare identico ovunque nel mondo)? Nelle concessionarie che vendono con un margine operativo di un migliaio di euro e con un altissimo rischio di magazzino invenduto, per cui spesso in perdita? Oppure il valore aggiunto è il brand, la qualità della progettazione e la concezione del modello di business della Volkswagen?
Se si ragionasse con Volkswagen come si ragiona con Google e Apple, si dovrebbe sottoporre a tassazione negli USA anche parte degli utili realizzati dalla casa madre con sede in Germania, a Wolfsburg. Sarebbe giusto ? Perché se è giusto per Google ed Apple, deve essere giusto anche per tutti gli altri prodotti che vengono pensati e realizzati all’estero, ovunque nel mondo. A me pare evidente che il valore aggiunto quasi mai sta nel punto vendita o nel punto di produzione/erogazione. Perché se fosse così non si capirebbe perché tante case automobilistiche sono fallite e perché tante aziende informatiche sono fallite.
Ad esempio la Kodak: è un caso esemplare in cui la incapacità di chiudere centri di produzione e di erogazione dei servizi (che perdevano, invece di generare ricavi) ha distrutto una società che aveva inventato non solo la fotografia, ma anche brevettato metodi di stampa delle fotografie digitali.
Solo in seguito a 10 anni di indottrinamento sulla gravità sociale e la depravazione morale dell’evasione fiscale, si può arrivare a credere che Google (o Apple) crei utili in Italia, che sono proporzionali al suo fatturato in Italia. Lo crediamo perché ci fa comodo crederlo. Occorre pagare il nostro debito pubblico e occorre finanziare uno stato sociale che assorbe dal 60% (in Italia) al 75% della spesa pubblica (in Europa), con decine di milioni di persone che dipendono da esso.
Dunque un riflesso condizionato, pavloviano. Noi prigionieri del muro di Berlino fiscale, loro liberi ed immorali che si tengono tutti i soldi e li spendono in super-yacht aerei privati e prostitute bellissime.
Dobbiamo prenderli ! Dobbiamo fermarli !
Google: l’utile ebreo.

Pubblicata: domenica 15 dicembre 2013
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